venerdì 20 luglio 2007

In ricordo di Paolo Borsellino


In questi giorni ricorre il 15^ anniversario delle stragi di Capaci e Via d'Amelio. Vogliamo ricordare le vittime di tali atti di terrorismo, riportando un'intervista comparsa in questi giorni su Il Manifesto al fratello di Paolo Borsellino.



Ci fu un patto con Cosa nostra Paolo ucciso perché contrario


Salvatore Borsellino: dopo Capaci mio fratello entrò in contrasto con i servizi

Alfredo Pecoraro

Palermo
«Mio fratello è stato ucciso dai servizi segreti. Da lì è partito l'ordine. Lo hanno fatto saltare in aria in via D'Amelio quando hanno capito che Paolo era diventato un pericolo per quella parte dello stato che aveva deciso di trattare con Cosa nostra. Lui era contrario, per questo l'hanno eliminato». Salvatore Borsellino è convinto della sua verità. La urla con forza, senza remore. «Dopo la strage Falcone, lo stato era in ginocchio e a Paolo fu chiesto di partecipare alla trattativa con Cosa nostra. Ma era chiaro da che parte stava. E quando capirono che poteva rivelare quegli accordi segreti, fu dato l'ordine di uccidere».


Ha le prove?

Erano nell'agenda rossa che Paolo portava sempre con sé e che è sparita. Ma nei piani alti c'è chi conosce la verità.


Si riferisce a Nicola Mancino, destinatario della sua lettera aperta con la quale lo invita a raccontare il contenuto del colloquio che ha avuto con suo fratello Paolo 48 ore prima della strage?

Gli ho chiesto di rendere pubblici i contenuti di quell'incontro, ma continua a sostenere che non c'è mai stato. Ma Paolo l'aveva annotato nell'agenda grigia, e quella non è andata perduta. Mi dispiace che Mancino abbia risposto in perfetto stile democristiano. Ma lui sa qual è la verità.


Perché è così sicuro della sua ricostruzione?

Perché dopo avere ucciso Giovanni Falcone, Cosa nostra non avrebbe avuto alcun interesse a proseguire l'azione militare. Aveva già assestato un duro colpo allo stato ed era il momento di scendere a patti. Uccidere un altro magistrato avrebbe accesso ancora di più, come è poi successo, le coscienze della parte sana delle istituzioni.


Invece?

Paolo non scese a compromessi e non poteva farlo nel nome del suo amico Giovanni. Sapevano che quel rifiuto era pesante. Che Paolo avrebbe svelato quella scellerata trattativa nel momento opportuno, come aveva fatto in tante altre occasioni.


E la mafia che ruolo ha avuto?

Ha eseguito l'ordine giunto dall'alto.


Il ruolo che potrebbero avere avuto i servizi segreti fa parte dell'inchiesta che la procura di Caltanissetta sta portando avanti sui mandati occulti della strage?

Certo, è strano che la notizia dell'indagine sia uscita il giorno dopo la mia lettera aperta. Quando l'ho saputo è stata come una fulminazione divina. Un regalo che ha voluto fare mio fratello Paolo.


Ha fiducia nei magistrati di Caltanissetta?

Il problema è che l'indagine, se fatta bene, porterà inevitabilmente ai piani alti. E non credo che lo permetteranno. Se mi guardo indietro vedo nero: troppo forte l'apparato contro cui ci si deve scontrare. Ma ci voglio credere, altrimenti non mi resta nulla.


Confida sul fatto che ci sia in carica un governo di centrosinistra, con molti esponenti impegnati nell'antimafia?

Lasciamo perdere. Io sono un uomo di sinistra, ho votato per l'Unione ma, purtroppo, questo governo è peggio di quello precedente.


Si è fatto vivo qualcuno delle istituzioni o della politica dopo la sua lettera aperta?

No, ma ho avuto la solidarietà della famiglia di mio fratello.


E sua sorella Rita?

Abbiamo la stessa idea, lei però è entrata in politica e usa un linguaggio diverso, troppo politico appunto. Io sono libero e dico tutto quello che penso, a volte anche in modo troppo schietto.


Sarà a Palermo per il 15esimo anniversario?

Ho lasciato Palermo 35 anni fa, e non ci tornerò più. Non riesco nemmeno a immaginare di stare accanto a politici che quindici anni fa piansero lacrime di coccodrillo e oggi commemorano Paolo. Rimarrò a Milano per stare accanto alla gente comune.

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